Sono sempre di più le persone che, alla ricerca di nuove opportunità di business, scelgono di lanciarsi nell’e-commerce. I numeri, dopotutto, non possono che dare ragione a chi intraprende questa strada. Da dopo lo scoppio dell’emergenza sanitaria, infatti, il trend delle vendite online è letteralmente esploso, andando incontro, successivamente, a un consolidamento che, però, non ha voluto dire forte perdita di quota.
Si può cominciare a vendere in rete dopo aver aperto una Partita IVA, ma anche senza (vedremo, nelle prossime righe, come farlo in maniera legale). Se si inizia a vendere online con partita iva – e a questo proposito suggeriamo di valutare la possibilità di adottare il regime forfettario – è fondamentale cercare di scaricare tutte le spese. Ciò significa che gli acquisti presso i rivenditori di materiali per gli imballaggi, i budget stanziati per le campagne pubblicitarie sui social e qualsiasi altra spesa gestionale devono essere sempre accompagnati da una fattura.
Come muoversi, invece, nei frangenti in cui si opta per la vendita senza Partita IVA? Scopriamolo assieme nelle prossime righe di questo articolo.
Aprire un e-commerce senza Partita IVA: come essere in regola con la legge
Per vendere online senza Partita IVA, è necessario innanzitutto che la suddetta attività si configuri come occasionale. Un altro requisito importante riguarda l’assenza di attività di acquisto finalizzate a una successiva vendita. Da non dimenticare è altresì il fatto che, per operare a norma di legge nella vendita online senza Partita IVA, non bisogna possedere un e-commerce.
Non ci si deve scoraggiare, in quanto esistono diverse alternative a cui fare riferimento. Giusto per citarne una, chiamiamo in causa marketplace come Etsy, punto di riferimento per chi ha hobby creativi ed è intenzionato a monetizzarli, ma anche eBay, il sito di aste più famoso al mondo. Come non ricordare Facebook Marketplace, un’altra piazza virtuale dove è possibile vendere (e acquistare) prodotti di ogni tipo, nuovi e usati?
Ci sono adempimenti fiscali da rispettare?
Quando si parla di vendita online senza Partita IVA, è necessario ricordare che la legge italiana non prevede l’obbligo di espletare adempimenti fiscali. Non essendo attività professionale, non si configura la maturazione di un reddito d’impresa. Non è obbligatorio emettere fatture elettroniche e non si deve fare riferimento ad alcun regolamento per quanto riguarda la definizione dei prezzi da applicare.
Essendo le transazioni sporadiche, vengono incluse, dal punto di vista fiscale, sotto il cappello dei redditi diversi. Attenzione: oltre a essere occasionale, la vendita online legale senza Partita IVA deve essere pure priva di organizzazione e di promozione, requisito impossibile da soddisfare se si ha un e-commerce.
Sui marketplace, come già accennato, la vendita è possibile. A questo punto, sarebbe naturale sottolineare che le suddette piattaforme hanno organizzazioni e strutture molto complesse, nonché macchine promozionali sempre attive. Vero, ma si tratta di aspetti che non vedono il singolo venditore coinvolto in prima persona.
Essenziale è sottolineare che Amazon è un caso diverso rispetto ai marketplace sopra menzionati. Per vendere tramite il colosso fondato da Jeff Bezos, infatti, è necessario possedere una Partita IVA.
Lo stesso si può dire per Instagram. In entrambi i casi appena menzionati, si viene inquadrati come venditori abituali ed è necessario aprire la Partita IVA (nonché regolarizzare la propria posizione presso l’INPS e la Camera di Commercio).
Cosa si rischia se si apre un e-commerce senza Partita IVA?
Se si trasgrediscono le linee guida sopra menzionate, iniziando a vendere online in maniera continuativa e organizzata attraverso un e-commerce senza aprire la Partita IVA (che prevede il Codice Ateco 47.91.10), si commette reato di esercizio abusivo della professione. Le sanzioni comminate partono dai 103 euro e si può arrivare a una pena detentiva di due anni di reclusione.